domenica 5 febbraio 2017

1. Industrie Creative: la figura del produttore



Non tutti sanno che la produzione di un album è un processo complesso che può durare molto tempo: da alcuni mesi fino a svariati anni. Infatti spesso sono coinvolte molte persone fra cui gli artisti, i manager, le etichette discografiche, i tecnici degli studi, i produttori e tanti altri a seconda dell’importanza della progetto. Il produttore, e in specifico il produttore artistico, spesso è visto come quella figura mitica che, aggirandosi per i locali di qualche città, cerca e scopre un nuovo gruppo di musicisti. Ma c’è molto di più: i produttori artistici sono figure che devono entrare in sintonia con gli artisti, devono essere in grado di capire cosa c’è nella loro anima e cosa il mercato è pronto a ricevere in modo da creare un prodotto vincente sia dal punto di vista artistico sia da quello economico.


La storia che vi voglio raccontare oggi, e che vi propongo come esempio, è l’evoluzione che i Red Hot Chili Peppers hanno avuto dalla produzione del loro primo album “The Red Hot Chili Peppers”, prodotto da Gill Andy, alla produzione di dischi molto più fortunati come Blood Sugar Sex Magic e i successivi, prodotti dal mitico Rick Rubin. Non è una novità che la band, i cui membri fondatori erano Anthony Kiedis e Flea, durante la produzione del loro primo album nel 1984 si resero conto che le divergenze fra loro e il produttore con cui avevano firmato, Gill Andy, erano tali da rendere il lavoro in studio estremamente stressante, faticoso e poco produttivo. Leggendo la biografia di Anthony è facile intuire come questa situazione non permettesse alla band di esprimersi al meglio. Soprattutto le scelte di Gill, orientate verso un sound più morbido e classico non erano in linea con le idee dei Red Hot Chili Peppers, più interessati a suoni duri, grezzi e funk. Questa battaglia interna portò a un prodotto che, per quanto apprezzato dai fans più vicini alla band, non ottenne un grande successo. Anche gli album successivi come “Freaky Style” del 1985 prodotto da George Clinton, e “The Uplift Mofo Party” del 1987 prodotto da Michael Beinhorn non permisero al gruppo di saltare in cima alle classifiche. Con l’arrivo del produttore Rick Rubin, incaricato della produzione dell’album “Blood Sugar Sex Magic” la situazione cambia. Rubin comprese che il gruppo, ormai solidificatosi in una formazione definitiva, aveva bisogno di più attenzioni del normale; decise quindi di ospitare la formazione nella sua villa per tutto il tempo della produzione, “controllando” i quattro musicisti. La scelta di tenere il gruppo lontano da uno studio di registrazione rese le cose molto più semplici e permise ad Anthony, Flea, John e Chad di rilassarsi e di concentrarsi esclusivamente sulla loro musica. Con Rubin alla guida, il cui background era hi-hop, la band si trasformò. Il sound si era trasformato in un misto di rap, funk, rock e metal. Anche la scelta di registrare nella sua villa risultò vincente: alcune tracce hanno impresse il suono delle sue stanze.


Il fatto che tutti gli album successivi dei Red Hot Chili Peppers prodotti da Rick Rubin siano stati un successo dimostra che in fin dei conti la sua figura è stata chiave nell’evoluzione del gruppo e che il suo modo di lavorare si fondeva perfettamente con le caratteristiche della band a differenza dei produttori precedenti che sono quindi delle figure di primaria importanza nella vita dei musicisti.



Rick Rubin

3 commenti:

  1. Bella storia Luca! Mi ha fatto venir voglia di riascoltarmi un album dopo l'altro! Mitico Rick Rubin! Un artista quanto i Red Hot stessi a mio avviso. Bel lavoro!

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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